Ischia: Europa (e bacino mediterraneo) – Italia: 3 – 0 Stampa
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IschiaNews - Cronaca
Scritto da Tina Taliercio   
Giovedì 20 Ottobre 2005 17:58

Ischia: Europa (e bacino mediterraneo) – Italia: 3 – 0

Se è vero che la concorrenza di mercato è un presupposto fondamentale dell’economia liberale, allora sarà bene guardarsi un po’ intorno, in questo scorcio di stagione turistica dal sapore decisamente amaro. Secondo il Centro Studi Confindustria, che ha presentato recentemente a Napoli i risultati di una sua ricerca sulla competitività dell’Italia rispetto agli altri Paesi, l’Europa (negli anni ’70 dominata dall’Italia, prima assoluta nell’industria turistica) vede oggi Paesi come la Spagna primeggiare in questo settore (accanto a Francia, Germania e Gran Bretagna) e vantare peraltro prospettive ulteriori di crescita di molti punti superiori a quelle dell’ormai ex Belpaese.

Un dato significativo indica che tra il 1990 ed il 2004 si è verificato un poderoso incremento nel movimento turistico dell’intero pianeta, pari a circa il 68%; si è passati infatti dai 450 milioni di 14 anni fa ai 750 dell’anno scorso. Ma in questo contesto fortemente dinamico l’Italia ha visto calare in maniera più o meno costante le sue quote di mercato, attestandosi, allo stato attuale, appena al 4,9%. Al vertice della classifica mondiale spicca la Francia (9,9%), seguita dalla sorprendente Spagna (7,1%), dagli Stati Uniti (6,1%) e dalla Cina, che, con il suo 5,5% ha operato il sorpasso proprio all’Italia.
Escluso a priori che durante i suoi decenni di boom turistico l’Italia abbia venduto aria fritta, i motivi del grave calo di presenze e soprattutto della sua perdita eclatante di competitività vanno ricercati nella mancanza di investimenti mirati, nelle ormai obsolete infrastrutture turistiche e nel caro-prezzi.
Da parte dell’attuale Governo i segnali sono estremamente negativi, nel senso che la sfera Turismo non rientra evidentemente negli obiettivi che lo stesso si è prefissato, preso come è a produrre leggi personalizzate, in cui quella che dovrebbe essere ancora una delle attività protagoniste della vita economica dello Stivale, non suscita il benché minimo interesse né alcuna preoccupazione. A onor del vero, va detto che, durante questa legislatura, c’è stato un momento in cui l’esecutivo si è, come dire, concentrato sulla materia, ossia quando ha lanciato l’astuta, brillante idea di mettere in vendita diversi beni artistici nonché le spiagge. Un’idea davvero illuminata, di cui, da Chiasso e il Brennero in poi stanno ancora discutendo, per capire se si tratta dell’ennesima tragicommedia all’italiana o se non sia il caso di preoccuparsi sul serio.
Di investimenti pubblici VERI nemmeno l’ombra, mentre la Spagna riesce a impartirci una bella lezione di competenza e lungimiranza. Il 7% in meno di turisti esteri che quest’anno hanno scelto l’Italia si è sicuramente in buona parte riversato in Spagna, dove i tedeschi (da sempre colonna portante del nostro incoming, con una quota di presenze, nel passato, pari a circa il 40% del totale visitatori esteri) hanno fortemente incrementato le statistiche nazionali. Non a caso, nel Paese iberico gli arrivi dall’estero crescono attualmente di ben il 6% l’anno.
Le stesse grandi opere promesse quattro anni e mezzo fa da Berlusconi, durante la “stipula” del contratto con gli italiani, sono rimaste di fatto solo promesse (per chi ci aveva creduto). E non consola che proprio in questi giorni il gruppo Impregilo abbia vinto la gara di appalto per l’inutile e dannosa costruzione del ponte sullo Stretto di Messina, che non è certo il tipo di opera strutturale di cui abbiamo bisogno per rilanciarci sul mercato internazionale e che comunque non attirerà alcun turista, ma solo una manciata di “curiosi”, gli stessi che intelligentemente bloccano i soccorsi con la loro presenza, quando si verifica ad esempio un incidente in autostrada.
Le regioni, che avrebbero potuto giocare un ruolo centrale, unendosi in sinergie, creando itinerari a tema, percorsi storici, archeologici, ambientali, puntando su investimenti pubblicitari forti, si vedono tagliare nettamente le proprie risorse dalla finanziaria 2006, allo stato in iter parlamentare, a cui seguirà il vaglio delle autorità di Bruxelles.
Accanto alla (meritata) affermazione della Spagna, alla conferma della Francia, della Gran Bretagna e della Germania, vanno considerate anche le altre realtà che si affacciano sul Mediterraneo: Croazia (dove un soggiorno, a parità di qualità, costa meno della metà che in Italia), Tunisia e Grecia - e qui non si può neanche pensare di obiettare che, oltre alle bellezze paesaggistiche, non ci siano anche quelle storiche e archeologiche.
D’altronde, in un Paese turisticamente in crisi, accanto al miglioramento delle infrastrutture e all’organizzazione in generale, un ruolo-chiave dovrebbe essere giocato dalle politiche sui prezzi. E qui il gatto si morde ancora la coda: come si possono ridimensionare i prezzi, se il Paese è in evidente recessione ed il costo del lavoro continua ad essere sproporzionatamente elevato rispetto al resto d’Europa?
L’unica soluzione è di tipo politico. Solo un cambiamento di rotta deciso, orientato verso l’occupazione, la valorizzazione del territorio ed un’equa re-distribuzione delle risorse (a discapito dei tanti confini che la dissennata politica leghista vorrebbe tracciare lungo la penisola) potrebbero operare il cambiamento in positivo. A questo andrebbe finalmente aggiunta una nuova, diversa considerazione della forza-lavoro proveniente da Paesi svantaggiati come il Nord Africa e l’Est europeo, una forza lavoro che spesso offre competenze qualificate e che, anche quando queste mancano, si fa carico di oneri e fatiche che noi europei non concepiamo più.
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Ultimo aggiornamento Giovedì 25 Aprile 2013 17:31