Avellino: Irpinia, “Isola felice” di ottima sanita' Stampa
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AvellinoNews - Sanita'
Scritto da Tina Taliercio   
Domenica 01 Gennaio 2006 18:36

Avellino: Irpinia, “Isola felice” di ottima sanita'

Per una volta il plauso meritato ad una struttura sanitaria pubblica di grande valore nella nostra Regione, dove il paziente è ben altro che un numero di letto…
No, non è una favola. Questo va detto subito, per fornire all’articolo il tono e lo spessore giusti. Una nostra concittadina isolana ha vissuto un’esperienza davvero positiva e risolutiva presso questo nuovissimo centro ospedaliero campano.
Ma andiamo per ordine. Alcuni mesi fa, di fronte ad un’agguerrita recidiva di una pregressa patologia molto delicata, la paziente si vedeva comunicare dal proprio medico specialista l’assoluta necessità di sottoporsi ad un intervento chirurgico (definito microinvasivo), dal nome di “laparoscopia”.

È stato lo stesso medico a indirizzare la paziente al primario del Reparto di Ostetricia e Ginecologia della Città Ospedaliera di Avellino, il Prof. Italo Ardovino, riconosciuto dalla comunità scientifica come uno dei massimi laparoscopisti del Paese.
Fidandosi del proprio medico specialista, la signora inizia l’iter pre-operatorio, organizzandosi per il soggiorno lontano da casa. Arrivata in ospedale alla data stabilita, si aspetta di trovarsi di fronte alla qualità media delle strutture sanitarie pubbliche campane, in cui, in proporzione diversa a seconda della struttura, convivono, più o meno alla pari, competenza scientifica e pressappochismo, gentilezza/disponibilità e cattive maniere/indisponibilità del personale paramedico, igiene e “disattenzione nelle pulizie”, vitto commestibile e cibo immangiabile, attrezzature mediche all’avanguardia e apparecchi rotti, inesistenti, funzionalità e burocrazia negli uffici amministrativi e così via…
Eh sì, perché la Campania è terra di grandi contraddizioni: di ospedali validi ce ne sono, ma spesso eccellono da certi punti di vista, mentre sono carenti da altri. Per questo motivo, la nostra concittadina si aspettava sì che ad operarla fosse un ottimo chirurgo, ma, un po’ per superficialità, un po’ per rassegnazione, certo non si aspettava di trovarsi in un modernissimo ospedale funzionante da appena 6 mesi, con camere esclusivamente a 2 letti, dotate di ogni ragionevole comfort, di una cucina completamente attrezzata e funzionante a disposizione delle degenti, di salotti accoglienti lungo i corridoi e gli spazi comuni e soprattutto di uno staff medico all’altezza della meritata fama del primario e di un’equipe paramedica assolutamente competente, disponibile e sensibile alle problematiche delle pazienti.
La sorpresa è stata totale:
tutto quanto era stato previsto si verificava puntualmente e con precisione
tutte le apparecchiature funzionavano
i medici si preoccupavano anche dell’aspetto psicologico della paziente
il personale paramedico era talmente premuroso e capace di immedesimarsi da lasciare stupefatti
i reparti comunicavano realmente tra di loro
le pulizie venivano effettuate, e sul serio, ben 2 volte al giorno
il cibo era gradevole e vario.
Inutile aggiungere che l’intervento è stato eseguito in maniera ottimale e con i migliori risultati, rivelandosi davvero microinvasivo e offrendo vantaggi e tempi di recupero impensabili per la chirurgia tradizionale.
Verrebbe da pensare che tutto questo è accaduto in una clinica privata, dove si paga l’intervento, la degenza e tutto ciò di cui si usufruisce, invece, come ben evidenziato, si è verificato alla Città Ospedaliera di Avellino, dove l’intera prestazione è fornita dal Servizio Sanitario Nazionale. Una bella sconfitta per l’oceano di luoghi comuni sui meridionali e sulla Sanità nel Mezzogiorno.
Come sempre, è la qualità delle persone a fare la differenza: un primario che non si comporta da “barone” tronfio di prosopopea e di manie di grandezza, ma invece unisce alla sua straordinaria competenza scientifica una carica umana che lo porta a girare per i reparti, a far visita a ciascuna paziente, a spiegarle nel dettaglio, prima, come procederà durante l’intervento e a raccontarle, dopo, come è andata in sala operatoria e come sarà il suo decorso, non può che creare intorno a sé una consapevolezza diversa, una mentalità positiva.
Ed è stato per questo che, di fronte ai ringraziamenti della paziente per la loro gentilezza, le infermiere, sottolineando di aver fatto solo il loro dovere, hanno risposto citando una frase che il primario ripete sempre loro:”Pensate di essere voi in quel letto…”
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Ultimo aggiornamento Giovedì 25 Aprile 2013 17:12